Lasciandone una parte
Alla caduta andarne, 1240E discostando l’altra
In modo di salvarla,
Come il vuole e il desia
Il faretrato Febo.
In secoli rimoti 1245Il Copaïco lago,
Da liquefatte nevi
Ed incessanti pioggie
Oltra misura gonfio,
Nello spazio di breve 1250Notte estiva talmente
Straripò, che le molte
Città vicine o vennero
Inondate e sommerse,
O sovra i flutti appena 1255Ne appariano le cime.
Già temerarie l’onde
S’innalzando batteano
I fondamenti eccelsi
Del delubro di Febo, 1260Quando l’irato Nume
Dalla sua stanza uscito,
Gli occhi qual foco ardenti
Girò tutt’all’intorno,
E la cara non vide 1265Copa che diede ’l nome
«Al lago, nè Cirtona;
E della ricca Almona
Sol vide gli aurei tetti:
Le cime della selva 1270Prossima e sovrastante
Ad Etta nella valle,
La cittade sommersa,
Sembravano un nascente
E alleggiante bosco. 1275Apollo immantinente
Scocca dall’arco argenteo
Uno stral che nell’aria
Orribilmente stride,
All’orgoglioso monte 1280Che presso a Copa sorge.
Toccato è appena il monte
Dallo strale divino,
Che gran parte ne crolla
E s’ingolfa in abisso 1285Che, nello stesso istante,
Atro, tremendo, immenso
S’apre al di sotto e abbassasi
Quasi scosso dal grave
Tridente di Nettuno. 1290Si precipitan l’acque
Con orrendo fragore
Nell’avido baratro.
In quel mentre il nascente
Sole appar sulle vette 1295Dell’azzurro Messapo,
Ed attonito vede
Il perforato monte,
Colla vaga sua luce
Indorando del fesso 1300Lo spaventevol orlo.
Ma scocca Febo un altro
Strale e distacca un’altra
Parte della montagna,
Che crollando compone. 1305Volta così formata,
Che par che dalla mano
Dell’arte sia costrutta.
Ma la rupe staccata,
Cadendo in mezzo all’onde, 1310Un argine vi forma
Che, dividendo l’acque,
Una parte abbandona
Al tenebroso golfo;
L’altra; passato il ponte 1315(Chè tal appare, il monte
Da ch’egli è perforato),
In tre fiumi divisa,
Percorre, fecondandola,
Arenosa vallea, 1320Che dall’aperto monte
Fino al mar si stendea.