D’innumere cicale 1155E ’l melodioso canto
Dell’usignuol romito
Addormentar bentosto
La giovine Sovrana,
E ridenti e leggiadri 1160Placidissimi sogni
Abbellir suo dormire
Sulla terra natia.
Ma quando il dì nascente
Discolorò la luna, 1165E in roseo cielo apparve
L’alba coll’auree dita,
Un armonioso coro
Di lodole dagli occhi
Della Sovrana scaccia 1170Le immagini notturne,
E sull’avito suolo
La saluta con giubilo.
La Regina risolve,
Costeggïando il lago, 1175Andarne coi seguaci
Colà dove quell’onde
Dispariscon cadendo
In uno smisurato
Baratro senza fondo. 1180Benchè profondamente
Dorman nell’aure i venti,
Crede l’attento sguardo
Vedere, ovver s’avvede,
Che dell’immoto lago 1185L’acqua la più vicina
Al lido, a poco a poco
A muoversi cominci.
A picciola distanza,
Ma quasi suo malgrado, 1190Cambia l’usata sede;
Un poco più lontano,
Forma già neghittosa
E languida corrente;
Pochi momenti dopo, 1195Eccola trasformata
In placido ruscello,
Da mormorante rio
In rapido torrente,
In fiume strepitoso, 1200Che ’l suo letto bentosto
Visibilmente allarga,
E le fiumane imita
Di gigantesco aspetto,
Che dell’Oceano immenso 1205Sono alimentatori,
O creator superbi
Si vantano di qualche
Mediterraneo mare.
A gran distanza ancora 1210Dall’orrendo baratro,
Sorge dal sen dell’acque
Triplicata catena
Di scogli nudi e negri,
Qual providi custodi, 1215Un ultimo soccorso
A porgere disposti
A temerarie navi
O del periglio ignare,
Ch’avventurate siensi 1220A quel punto fatale!
Corron tra loro a gara
Le rapid’onde a torme
A lor perdita omai;
Chè, chinandosi a un tratto 1225Il letto qui del fiume,
Il corso lor, la forza
Ed il tumulto aumenta.
Non lungi al nero abisso,
Nel canal già ristretto 1230Del lago, cui le sponde
S’avvicinano, un alto
Aguzzo scoglio giace,
E par crollata parte
Non picciola d’un monte, 1235O piramide eccelsa
Che rovesciò tremuoto.
Egli l’onde separa,