I furibondi veltri;
In breve dalla selva
Risuonano le strida 905E i gemiti del mostro,
Che da suoi cani istessi
Dilacerato viene.»
Qual rovesciata barca,
Che dal lido lontana 910Lanciò, qual lieve paglia,
Furiosa burrasca, —
Ecco sul lago alzarsi
Un leggiadro salceto,
Cui i pieghevoli rami 915Si ricurvan foltissimi
A tuffarsi nell’onde,
Quella vaga isoletta
Se credi agli occhi tuoi,
Galleggia, ed a seconda 920Dell’onde vien portata!
Ella ne’ dì dell’ignea
Canicola difende
Numerosi conigli,
Che, su leggiere scorze 925Di betula imbarcati,
Vi approdano sicuri,
Lieta e vezzosa flotta,
Che l’amorosa lena
De’ pïetosi zeffiri 930Scherzevolmente spinge.
Ora che già s’inchina
Il sole ver l’occaso,
Ecco l’imperïale
Aquila dalle piume 935Dorate attraversare
Da banda a banda il lago.
Essa ne’ campi azzurri
Del cielo vola tanto
In su per le serene 940Nubi disperse, quanto
Sono esse in su dell’onde
Pacifiche del lago,
Che nel chiaro suo seno
Ne riflette le forme. 945L’augel dominatore,
Poi ch’ha compito il suo
Volo proteggitore
Dell’aligero stuolo,
Ritorna del gran Giove 950Alle sublimi stanze,
Che sulla sacra cima
Sorgono dell’Ipato
Dal selvoso pendio
Sempre di nebbia cinto. 955Ecco il canoro stuolo
Intonar di concerto
Un inno pien d’amore,
Mentre, quale un araldo
Dall’assemblea spedito 960La lodola sonora
S’alza sin alle nubi
Per salutar l’amato
Sovrano al suo passaggio.
Salute, veneranda 965Antica Erculea sede!
Mirate quella roccia,
Che in mezzo all’onde sorge!
Là, ne’ secoli andati
Onde sol tenue fama 970Fra i viventi rimane,
Spesso veniva Alcide,
Al tramontar del sole
L’atre selve lasciando,
Ch’allora tutto il lido 975Copaïco ingombravano,
Per ristorarsi alquanto
Dopo l’atroci zuffe
Contro l’orride fiere
Onde purgò il paese. 980Ei, respirando l’aura
Soave della sera,
La destra ancor grondante
Di sangue in l’onda pura
Immergeva, e alla rupe, 985L’alta, clava appoggiava;