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indispensabile ch’io vada a vedere il mio pioppo: mi fa cenno col capo e mi parla: io di qui non l’intendo: per certo che vuol dirmi qualche cosa. Forse che il mio gelsomino, che non ho più veduto da due giorni, lo ha pregato di parlarmi, perchè il pioppo è grande e può scorgermi. Madre, permettimi di andarvi: tornerò tosto.» – Articolò questa richiesta con tanta emozione e calore, che sforzò la madre a permetterglielo. Andarono ambo inverso l’albero che non parlò a quella fanciulla. «Vedi come sei storditella, le disse la madre, il pioppo non pensa a te nè punto nè poco.» – «Ebbene, se si è burlato di me, il male non è grande.» – Un altro giorno passeggiando nella corte, vide alcune mosche appese alla tela di un ragno che le aveva uccise. «Vedi, madre, - disse ella tosto, «quel ragno le ha addormentate.» – «Che dici mai?» – «Ma sì, ho veduto che da prima le ha coricate e cullate sulla tela finchè si sono addormentate: e quindi si è presso loro trattenuto molto tempo perchè nulla di sinistro accadesse loro.» Essa amava infinitamente il suo padron di casa, col quale pur tuttavia avea frequenti dispute, poichè non volea convenire con lui che i fiori che le regalava, nascessero naturalmente dalle semenze che avea affidate alla terra. Ella si era creata una botanica tutta poetica, e d’appresso quella sosteneva che Iddio, la notte, veniva ad unire allo stelo que’ fiori, de’ quali spiegava così la bellezza, attribuendola in sì fatta guisa ad una immediata e miracolosa creazione.
Quella fanciulla, così modesta, così docile per tutto quello che risguardava la condotta, mostrava una certa fermezza nelle sue idee e nelle sue opinioni. Non era facil cosa il farle rinunciare ad alcuna sua prediletta credenza. Allora si scorgeva quanto ella amasse ad abbandonarsi a suoi sogni, vera e sola sorgente de’ suoi piaceri. Quel suo vago e giovine volto risplendeva di gioia, allorquando raccontava le meravigliose storie che le inspiravano, o il suo gelsomino, o la luna, o qualunque altro oggetto. Conveniva rispettare que’ dolci e magici sogni dell’anima sua, ne’ quali la natura la intratteneva coi suoni leggiadri della sua armonia. Nulla la affliggeva più che sentirsi