Ecco, vicina al lido, 315In tristo e muto campo,
Tra squallida palude
Gigantesca colonna
Giacer mezzo coperta
Da canne e rnvid’erba. 320Qui, così vuol la fama,
L’insaziabile rege
Della vasta Ocalea
Nell’ira al minornato
Fratel tolse la vita, 325Al furargli quel campo,
Povero patrimonio
Che gli assegnaron gli avi.
Trucidato il fratello,
E bruciata l’antica 330Modestissima stanza,
Ei, monumento eterno
Di sua vittoria eresse
Quell’orgoglioso marmo.
Ma Giove, d’ogni ingiuria 335Vendicator tremendo,
Abbattè fulminando
Pria l’orrido trofeo,
Poi l’esecrabil mostro,
Di sua già glorïosa 340Stirpe ultimo rampollo,
E subito fe’ cenno
Ai sotterranei fonti
D’alzarsi immantinente,
Ed inondando il campo 345Cangiarlo in insalubre
E sterile palude.
Sta il sole nel meriggio.
Ecco città novella,
Grandïosa ed immensa, 350La ridente Alïarte
Sorger sull’otto sponde
Del limpido Permesso.
Nato sull’alta cima
Del nevoso Elicona, 355Ei con innocuo corso
Or dell’agricoltore
L’auree messi traversa
Or del pastore allegro
I risonanti prati; 360Qui di barchette e navi
Numerose coperto,
Ei, fra marmoree sponde
Di bei palagi adorne,
Maestoso trascorre 365Della Tebe Cadméa
La crescente rivale.
Qual dolce zeffiretto
Con odoranti penne
I naviganti alletta? 370Tutta l’aria diresti
In ambrosia cambiata!
In piccola distanza
Della cittade sorge
Isolata collina. 375Da tre lati ella è cinta
Da vezzoso mirteto,
Sol libera è la vista
Verso l’azzurro lago.
Dall’alto al basso il poggio 380Vasto piano ti sembra
De’ più leggiadri fiori:
In cima a quel si vede
Di biancheggiante marmo
La tomba d’Euriclea. 385Dall’età fanciullesca
Sacerdotessa a Vesta,
Ella la breve vita
Tutta spese benefica
In atti di pietà. 390La vedova affannosa,
La timid’orfanella,
Le furo madre e suora,
Le furono fratelli
I miseri che s’ebbero 395Nemica ognor la sorte.
Discesa dalla stirpe
Regia di Cadmo e erede