Mescer sue limpid’onde
Coll’abbrunato lago.
In qualche lontananza
Sorge graziosamente 150Il tempio di Minerva
Fra ridente boschetto
E sovrastanti sassi
Che pittoreschi rendono
Cespugli qua e là sparsi, 155E ben cento zampilli.
Passato quest’ameno
Ed attraente sito,
S’ode già lo tremendo
Strepito dell’Ercinia 160Immensa cateratta.
Dell’Elicon canuto
La bella prole, Ercina,
Disprezzando del saggio
Genitore gli avvisi, 165Si unì del sacro Pindo
Al torbido nepote,
L’impetuoso e fiero
Falarisse, ed or vittima
Infelice di cieca 170Ambizione qui viene
Terminare suo breve:
E tristissimo corso,
Slanciandosi nel lago.
Ella dall’alta ripa 175Precipita le gialle
Onde sue, con fragore
Che rassomiglia al tuono,
In tre large cascate.
Elle fra sè divise 180Son da enormi risalti,
Cui dier forme bizzarre
I rosicchianti flutti.
Niun fior, niun’erba veste
Quei sassi, ognor bagnati 185Dalle acque ridondanti;
Ma ambidue le sponde
Della total caduta
Smaltate son dall’alto
Al basso di fior mille, 190Frammisti d’arboscelli
Dalle nerette foglie
E dai purpurei frutti.
Formato ch’ha, dall’alto
Cadendo il rio tre archi 195Di lucidissimo oro,
Egli, riunito, piomba
Sovra marmoreo banco,
Che in due metà divide
Quasi eguali l’altezza 200Della caduta intiera.
Qui tutte l’onde accolte
In un medesmo scavo,
Ripercosse dal sasso,
Spumeggianti rimbalzano, 205E, smisurato nappo,
Con strepito tremendo
Si affondano nel lago.
Allo stuol navigante
S’apre innanzi e si stende 210Vastissima vallea.
Qui la cuopre di spighe
Un verdeggiante mare,
Che sotto al piè de’ venti
Aureo vapore esala; 215Là pecorelle sparse
Pascono l’erba intorno
A solitarie piante,
O al suon della zampogna
Seguono in dense file 220Il mastin condottiero
Ad altra prateria.
Di qua, di là si vede,
Quale isolotto in mare
O in arido deserto 225Un’öasi ridente,
Altifrondoso bosco
Con placidissim’ombre.
Appiè d’alte montagne
Che toccano le nubi,