Leïto immantinente
Un’opera intraprese
Che, sovrumana quasi,
De’ possenti Giganti 150Monumento si crede.
Dello scosceso monte
Gli ostacoli vincendo,
Ei praticò dal fondo
Di quest’istessa valle 155Larga e secura via,
E in cima al Citerone
Gittò di rocca in rocca
Sovra il profondo abisso
Ardimentoso ponte, 160Ed in vano il torrente
Contr’essi gonfio e irato
Lancia l’onde ammucchiate:
Qui comodo cammino
Aprì tra ’l vivo sasso, 165O sotto il perforato
Sasso d’alpestre giogo,
Sì che nel sen del monte
Tu vedi al dì cadente
Porgere amica mano 170Il rinascente giorno.
Così della rubelle
Natura vincitore,
Ei con sentier ritorto
Ascende in vetta all’alto 175Citerone nevoso;
Poi, sull’opposto fianco
Pian piano declinante
La pittoresca via
Ver Megara discende. 180Frattanto nell’amena
Isola dell’Asopo
Le tenerelle viti
Si cangiaro crescendo
In placido boschetto. 185Le trasportò già seco
Il provido Leïto
Dalla feconda Creta,
Ed affidolle cauto
Alla beozia terra: 190Prosperaro le piante
Sotto le regie mani;
La prole lor già chiama
La Beozia sua patria,
Amandola malgrado 195Le sue men tepid’aure
E ’l suo men chiare sole.
Essa sen va bentosto
Ad occupare i colli
All’aquilone esposti, 200Che sorgono sul lido
Che dell’Asopo è a manca.
Ai piè di questi colli
Comincia e si prolunga
L’ampio sentier simile 205A quel della montagna.
Egli va serpeggiando
Tra paludosi campi,
Qui coperti di giunco
Là di cespugli bassi 210Ovver talora (Incauto
Straniero, non fidarti
Al lusinghiero aspetto
De’ lor mentiti vezzi!)
In tutto somiglianti 215A verdi ameni prati.
All’ombra delle viti,
Che coronan la dolce
Pendice di que’ colli,
Spesso sedeva Leito 220Allor che ’l sol spariva
Dietro alle rosee cime
Del nevoso Elicona.
S’egli scorgeva a caso
Stranier stanco o smarrito, 225Con detti affettuosi
Egli l’invita tosto
A cedere alla notte
Infausta all’uomo, e sotto
L’ospitale suo tetto