Le più nefande imprese.
Con promesse ed inganni 65Seminando la cruda
Discordia fra le genti,
Signor divenne Astorre
D’Isïa e d’Eteone
E della forte Eritra. 70Da quell’istante l’alma
E l’invidioso sguardo
Egli mai più ritorse
Dall’opima Platea,
Giovinetta rivale 75Della vetusta Tebe,
E splendido retaggio
Del generoso Leito.
Mentre regnava ancora
Il prode Arcesilao 80Nella città novella,
Ch’avea testè fondata,
Il giovinetto Leito,
Accompagnato sempre
Dal provido Androcrate, 85Percorre dell’Ellade
Le superbe contrade
E l’isole famose,
Bramoso d’acquistare
Chiaro nome e saviezza. 90Ma quando Arcesilao
Soggiacque al mite strale
Del Dio dall’arco d’oro,
E sen volò sereno
Presso agli avi che lieti 95Vivevano da Numi
Nell’isole felici;
Leïto, succedendo
Alla paterna possa,
Viene ogni dì dell’anno 100Ad occupar la sede
Avita, all’alte porte
Della città natia,
Benignamente ascolta
Dallo spuntar del sole 105Sino al tardo meriggio
De’ sudditi le liti,
E giudica conforme
Al giusto compatendo
All’umana fralezza. . 110Egli compie le mura
Spaziose, incominciate
Dal cauto genitore,
E i duo tempj sacrati
A Giuno ed a Minerva, 115Dive conservatrici
Della città nascente.
Ei poi le sponde innalza
Del rovinoso fiume
Con argini, difesa 120Ai campi ed alle messi
Contro il furor del crudo
Devastatore Asopo,
Allor che nella state,
Gonfio di sciolte nevi 125E repentine pioggie,
Nel corso impetüoso
Lidi divora e boschi.
Con smisurati ponti
Leïto unisce ardito 130La splendida cittade
Dalle dorate torri,
Alla valle Tebana
Coll’isola che giace
Vezzosa in mezzo al fiume: 135La diresti mirabile,
Da cento e cento serti
Di variopinti fiori
Inghirlandata nave,
Di real fidanzata 140Portatrice fastosa,
Ch’ad ambidue le sponde
Del popoloso porto
Legano funi, adorne
Di varia seta e d’oro. 145Quei lavori compiti,