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punto apparvero i germi delle sue disposizioni straordinarie. In quella età, la sua infantile immaginazione godeva di secondare i suoi sogni poetici. Essa si sforzava di rappresentare a suo modo con colori pieni di vita e di espressione quanto vedeva di reale, e quanto di astratto immaginava. E ciò che più è, tutti i rapporti degli oggetti, sovra de’ quali basava le sue piccole metamorfosi, traevano in essa stessa l’origine loro. Non di rado sorprese tutti coloro che la circondavano colla singolarità e novità delle associazioni di idee che i più semplici oggetti aveano saputo suscitare nello spirito di lei. Un piccolo giardino era contiguo alla sua povera capanna. Tutta la state quivi passava la maggior parte del suo tempo coltivando i fiori, che amò poi sempre passionatamente. Fra quelli v’era un gelsomino che il proprietario della casa le avea regalato, e che era l’oggetto delle sue cure più tenere. Per lei quel gelsomino era un essere vivente e magico: essa conversava con lui, come fosse compagno della sua infanzia, e al quale confidava le sue fanciullesche pene, le gioie e gli affanni. Era per lei un trastullo, ornato dalle mani della natura, che glielo avea donato. Se le fronde dell’arboscello, scosse dal vento, muoveansi, tosto immaginava che volesse parlarle, e dalle labbra di lei spontaneo scaturiva tutto il discorso del diletto arboscello. Spesso le cornacchie venivano tranquillamente a rifuggirsi al ridosso della siepe del suo giardino ed a nutrirsi con preda fatta nella publica via. Il gracchiare di quegli augelli attrasse la sua attenzione, ed interpretandola a suo modo credè che rendessero grazie a Dio pel nutrimento che avea loro inviato. Ecco alcune frasi di quella preghiera che essa avea composta in nome del corvi: «Quantunque io sia negro come il carbone, e che ognuno mi cacci lontano da sè, pure Iddio, padre degli uomini e degli augelli, non mi abbandona; e la sua bontà infinita fa sì ch’io ritrovi nel giorno di che nutrirmi, e nella notte un albero ove posare.» Ella sopra ogni cosa amava oltremodo la luna. Bene spesso ritta in piedi presso alla finestra, seguía cogli occhi il corso maestoso e placido di quell’astro: la mirava attraversare le nubi ammassate al di sotto della sua sfera: la vedeva internarsi fra