Ratti la trasportâr
Alla Parnassea cima. 235Là voi, Febo e Camene,
L’attendeste benigni,
Per coronare il pargolo
Principe della lira.
Lo tiene l’alma Clio 240E se lo stringe al petto;
Le labbra gli lavò
Con fresca onda Castalia
Febo, e gli inspirò ’l dono
Di magica armonia; 245Cinsero le sorelle
Con alloro la cuna.
E con sonanti penne
Tra stupefatti venti
I cigni il riportâr 250Alle sponde Dircee.
Chi dir potrebbe ’l lieto
Spavento de’ parenti,
Ritornati dal campo,
Così veggendo il figlio?
255Non già, non già di Cadmo,
Nè d’altra illustre stirpe
I suoi natali fur,
Di padre oscuro prole:
Ma gli immortali Dei 260A lor talento innalzano,
A lor talento abbassano
L’umana e debol schiatta.
Fu Pindaro da quelli
Eletto Re de’ Vati. 265È il fanciullesco già
Suo balbettar sonoro.
Il giovane, schivando
Spesso i lieti compagni,
L’alto silenzio cerca 270D’una grotta o d’un bosco.
Quivi, sua voce al canto
Sciogliendo, il correr rapido
Dimentica del Sol,
Mentre tempra la lira. 275Un dì, la fama il dice,
Quand’egli in seno al bosco
Modula un carme, Pane
Sul vicin prato balla.
Capinera e fringuello, 280Benchè dolce, Natura
Il canto a lor donò;
Pure se odono vaghi
Augelletti garrire
In altra selva nati, 285Essi gli imitan tosto
E mutano il lor verso.
Sol l’usignuol, fra tutte
L’alate turbe, canto
Non imita stranier. 290Dell’innato tesoro
D’armonïa contento,
Egl’in sè stesso trova
Tutti i suoi lieti o mesti,
Dolci o sublimi suoni.
295Così a null’altro vate
Pindaro mai somiglia.
All’Asopo è simil,
Re de’ beozj fiumi.
In cima al Citerone, 300Fra le vetuste querce,
Ei strepitoso sorge
Colonna di diamante:
Arcobaleno in polve
Poi trasformato il vedi 305Con tuono assordator
Cader cangiato in rivo:
Piomba di rupe in rupe,
E nella valle, a fonti