Che nelle feste mie
Alla mia mensa ammisi;
L’onori quale Eroe
Con annui sacrifizj, 155Ed ognora a me invii
Per ricever la fiamma,
Onde bruciar l’incenso,
Offerto al Semidio.»
Mandava dunque Tebe 160Ogni anno un messaggero
Ad Apollo, il dì innanzi
Della festa sacrata
Del deificato Vate.
Della turba improvviso 165Esce solenne un grido
Che annunzia l’aspettato
Del messagger ritorno
E s’inchinano tutte
Le teste, riverendo 170Del Nume il sacro dono,
Mentre tra mezzo a loro
Lo reca il messaggero.
Con destra man frattanto:
De’ giovani una schiera 175Circonda dell’Eroe
Il tempio coi vaghissimi
Roseti, ed all’intorno
Dell’ara rilucente
Le ghirlande ha sospese 180De’ più squisiti fiori.
Ricevono dagli altri
I santi sacerdoti
Il mele, il latte, il vino
Ed i preziosi aromi, 185Che già con impazienza
La sacra fiamma aspetta.
In tacite preghiere
Invocano il favore
Del padre Semidio 190Pïamente gettando
Tre volte a mani piene
L’incenso nella fiamma,
Che subito del tempio
All’alta volta sorge 195E a sè d’intorno sparge
La vivida chiarezza
Di lampi abbagliatori.
Prosternata la turba
Colla fronte il suol preme, 200E ’l Dio presente adora.
E sei donzelle in candida
Veste qual neve intatta
Bella stirpe di Cadmo
S’appresentano innanzi 205Di Mirtoo gloriosa
Alla felice alunna —
Corinna, di Tanagra.
Dall’un lato e dall’altro
La seguon tutte, in schiera 210Alla dorata sede,
Che innanzi al simulacro
Di Pindaro si vede.
L’artefice ingegnoso
Rappresentò ’l Cantore 215Allor, che fisi al cielo
Tiene gli occhi, disciolto
D’ogni terrestre affetto,
E intento ascolta il canto
Delle canore Muse. 220Sul tripode, ch’è tutto
D’oro, Corinna assisa
Così scioglie la voce:
Dammi tua lira, o Febo!
La vostra voce, o Muse, 225Datemi, or che degg’io
Pindaro celebrar.
Ei nella cuna ancora
Muto bambin giacea,
Quando con l’ali aperte 230Piombâr dal ciel due cigni.