Di variopinti fiori,
In mezzo a folto popolo
Che esultando applaudía!
Io vidi pur ne’ boschi, 65Perfin ne’ tempj io vidi
Il simulacro mio
Coronato di fiori.
E de’ Lesbj sull’oro
All’immago de’ Numi 70Vedesi pur unita
L’immago della quasi
Divinizzata Saffo.
Orgogliosa io n’andava.
Ogni garzon volea 75Della lira e del canto
Che ’l premio fosse mio,
Ancor ch’ivi presente
Lo stesso Alceo si stasse,
«Misero Alceo! diceami, 80Gran tempo è già che vinto
Da tua beltade io sono.
Ed or mi vinci ancora
(E non men duole, il giuro)
Sulla lira, e nel canto. 85Lascia dunque ch’io segua
I tuoi trionfi, e teco
Quella sorte divida
Che ne prepara il fato.»
A me così dicesti 90Quel dì che da me vinto
Fosti ne’ giuochi; ed io
Con isprezzo respinsi
Amor sì puro e vero.
Allora tu esclamasti 95In dolorose note
Quasi presago fosti
Di mia sorte tremenda:
«Te preservin gli Dei,
O Saffo, da un amore 100Indegno di tua gloria,
Di tua beltade indegno:
Amor che tuo malgrado
Rammenteratti un giorno
Alceo da te sprezzato.» 105M’allontanai sdegnata
Dall’amator nojoso,
Cui grata morte sciolse
Fra poco i ceppi odiosi
D’una vita molesta. 110Ma il cieco Dio vendetta
Prese di me che astrinse,
Benchè superba, a volgere
Sovra Faon lo sguardo.
A me stessa cangiata 115Io mi parea: comprendere
Lo strano cangiamento
M’era impossibil cosa.
Come talor ricerchi
Sogno confuso e strano, 120Così riandar tentava
La scorsa vita mia,
Che avvolta in tenebrosa
Notte era per me. Allora,
A disgombrar dal core 125Sì molesto pensiero,
Ritorno alla negletta
Mia lira ancora ornata
De’ vittoriosi serti:
Ed intonando i canti 130Che spiraro sol gloria,
Con mano ferma io tempro
Le corde un dì sommesse
Al mio voler; ma invano,
Ch’or fatte a me rubelle, 135Suoni d’amor sol danno!
I magici concenti
Dolce scendeanmi al core
E mi moveano al pianto.
E per le membra scorrermi 140Sentiva ignoto fuoco;
Gli incominciati detti
Mi svanian sulle labra,
E quella gloria istessa,
A cui feci olocausto