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     Sul Re de’ Vati, Omero.
     Ma la fama mentì!
     Mai non ardì poeta
     140Misurarsi nel canto
     Coll’immortale Omero.
     Allor che presentossi
     N Vate, già del lume
     Dell’ aureo sole privo
     145Dal fanciullo condotto
     Nell’aringo de’ giuochi:
     Immantinente tutti
     I poeti spariro,
     Temendo il paragone
     150Dell’invincibil Vate.
     Ma tosto ch’ebbe Omero
     Udito dal fanciullo,
     Che l’apparire suo
     Vuotato in un istante
     155Avea l’arena intera;
     Disse: «Di qui partiamo
     E non turbiam con nostra
     Presenza intempestiva
     De’ sacri giuochi il corso.»
     160Come partì, fra gli altri
     Incominciò la gara.
     Ottenne la vittoria
     Esiodo sovra tutti,
     E ricevette in premio
     165Un’aurea tazza e questo
     Tripode prezïoso.
     Egli ne venne ratto
     Al venerando vecchio
     E lo pregò gradire
     170Dell’adunanza in nome
     La bella tazza d’oro.
     Tosto leggier sorriso
     Rasserenò l’aspetto
     Costantemente grave
     175Dell’acciecato Vate.
     Posto il tripode d’oro
     In mezzo l’adunanza
     Di subito risuona
     Più volte l’alto grido:
     180«Corinna!...»
                         Ell’arrossendo
     Esce, coll’aurea lira
     In man, da quel boschetto,
     Ove con magistero
     Sublime lo scultore
     185Rappresentò le Muse.
     Dall’Olimpo discese
     Per visitare Esiodo.
Sul tripode seduta
     Ella così l’amena
     190Voce discioglie al canto:
Quando dall’alto mare
     Scorgevi il sacro Monte
     Erger sue bianche cime
     In rozza maestade;
     195Vedevi a lui d’intorno
     Mortifere paludi,
     Colline sabbionose,
     Impenetrabil selve.
Ecco vascello nero
     200Alla torbida bocca
     Dell’avida Crëusa!
     Egli entra, ascende ’l fiume
     Fra verdeggianti colli;
     Di subito il nocchiero
     205Scopre un immenso lago,
     Pien d’isole vezzose!
     «Addio,» diss’egli, «o mare!
     Qui compirò mia vita,
     Non rimembrando mai
     210L’ingrata falsa Cuma1.
     Non ricusa la terra
     L’industre man dell’uomo;
     Città, dall’oro guasta,
     Non la corregge un Dio.»
215E, sceso sulla riva

  1. Città dell’Eolide.