Appena questa brama
Fuor de’ suoi labbri uscío,
Ch’ella diviene immota
E con iscabra scorza 410Si va coprendo. I piedi
Divengono radici,
Le svelte braccia rami,
La bella chioma foglie.
È trasformata Dafne 415In un alloro. Febo
Veggendola sospira:
«Tu non volesti, Dafne
Essermi sposa; almeno
La fronde mia sarai.»
420Qui si tacque Corinna.
L’inusitato oggetto,
La voce incantatrice,
Forse l’ardir e i vezzi
Della giovin donzella 425Empiono di stupore
L’innumerabil folla
Che impazïente attende
De’ giudici il parere.
Già tre volte la voce 430Dell’araldo sonora
Aveva proclamato
Il nome di Corinna;
Quand’all’entrata udissi
Dell’affollata arena 435Il replicato grido:
«Pindaro, ve’! Pindaro.
Quale benigno Nume
Dall’Olimpo disceso,
In mezzo a folte turbe, 440Che rispettose un varco
Gli apron, con grave passo
Avanzasi ’l canuto
Poeta incoronato
Ver la sede de’ Giudici. 445Questi spontaneamente
L’onoran coll’alzarsi
Dalle lor sedie: ed egli
In tai detti parlò:
«Io no, qui già non venni 450Coll’ambizioso intento
D’ottener la corona
Dovuta a giovin merto.
Chi ne’ venturi tempi
Cantando abbellirebbe 455Le vostre primavere,
Quand’al canoro bosco
Verranno alfine tolti
Quegli usignuoli tutti,
Che in seno ad alta gloria 460Cantando incanutiro;
Se ricusiam corone
A giovani cantori?
Venuto qui son io
Per ottener vittoria 465E nuova, e grande, e illustre,
E testimonio farmi
Non invidioso e lieto
Dell’alto merto altrui.»
Depongono repente 470I giudici de’ giuochi
Il vittorioso serto
Nelle gloriose mani
Del Re dell’armonia.
Ei volge d’ogni intorno 475Gli occhi per rintracciare
La timida Corinna,
Che tremando sen stava
Ascosa fra la turba.
Ma incontanente a lui 480La mostran cento e cento
Alzate mani e grida,