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          Or quell’armi tu tratti,
          Convenienti solo
          Al nostro braccio forte?» —

     340«Di Pafo e Gnido l’are
          Colme sono d’offerte,
          Che depongono a gara
          Chi ad adorar ne viene.
          Ma spesso avvien che impresa
          345Più difficil ne alletti,
          Qual d’abbassar l’orgoglio
          D’un vincitor superbo.»

     Così dicendo Amore
          Dal turcasso due strali
          350Prende, l’un d’oro e aguzzo,
          L’altro di piombo e ottuso:
          L’un genera l’amore,
          L’altro dispetto ed odio.



     Piagò coll’aureo strale
          355Febo; con quel di piombo
          Vezzosa giovinetta,
          Che sull’ameno lido
          Del genitor Penéo
          Va le fiere inseguendo.
          360Feriscono gli strali
          D’Amor anche da lungi!

     Avvampa il cor d’Apollo
          D’inestinguibil fiamma,
          Or senza gioja vede
          365Il suo tempio nascente
          E de’ popol la turba.
          Impazïente il core
          Il tragge involontario
          Là ne’ piani di Tempi.

     370Ivi Dafne ritrova,
          Dafne per lui più bella
          Delle Grazie e di Venere:
          E per lei lieto, immemore
          D’aver sua sede in cielo,
          375Lascerebbe l’Olimpo.



     Ma son, non che i mortali,
          Gli Dei giuoco d’Amore!
          La Ninfa, visto ch’ebbe
          Apollo, al par d’un mostro
          380Orrendo il teme e l’odia,
          E rapida sen fugge.
          Apollo l’inseguisce
          E le grida correndo:

     «D’un Nume altera prole!
          385Son io pastor che sprezzi
          Od un ladron che temi?
          Sappi, che figlio io sono
          Della vezzosa Leto
          E del possente Giove,
          390E fratello di Diana
          Cui tu te dedicasti.

     Rallenta il corso, anch’io
          Rallenterò ’l mio passo,
          Temendo che ’l piè molle
          395Pietra aguzza t’offenda.
          Sol mira me: se spiaccio,
          Abborri me, se ’l vuoi!»



     In vano. Dafne corre
          Ancor più ratta, e giunta
          400Alla paterna sponda,
          Grida: «Salvami, o padre!
          O se nol puoi, distruggi
          Questa beltà fatale,
          Ch’è dell’eccidio causa
          405Dell’unica tua figlia!»