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CORINNA
105Due volte già d’Ellade
Lo numerose genti
In Delfo s’adunaro
Per celebrare i giuochi,
E ad alto e universale
110Applauso dichiarare
I vincitori Atleti;
Ma l’una e l’altra volta
Mancovvi ’l Re del canto,
Pindaro dal sublime
115Impareggiabil genio.
Coprivano le nevi
Della trista vecchiaja
Il capo del cantore.
Siccome il vasto capo
120Del regnator de’ Numi
Già partorio Minerva
Ch’a sè d’intorno sparse
Mirabile chiarore,
Ond’abbagliato tutto
125Il grand’Olimpo venne;
Così dell’alto vate
Dal capo creatore
Uscivano canzoni
D’inarrivabil estro;
130Ma quel fecondo genio,
Che non conobbe mai
Vincitore o rivale,
In quell’ora parea
Un ardente vulcano,
135Che dopo mezzo secolo
D’eruzioni continue,
Di subito s’estingua.
Allor che nelle mura
Della città d’Apollo
140Udirono gli Achei
L’ultima volta. gli alti
Ditirambi del vate,
I giudici de’ giuochi
Gli dier senza contesa
145Il trionfale alloro.
E da quel giorno i Greci
L’aurea sede lasciaro,
Su che il vate tebano
Cantò le lodi e il vanto
150Del faretrato Nume,
Lasciarl’in faccia all’ara
Qual monumento eterno
Ai secoli venturi.
Allor ch’ammutolio
155Quell’unica nel mondo
Maravigliosa voce;
Quei che finora muti,
Presente lui, restaro,
Ardirono, modesti,
160Cantar del cielo i doni,
Ed erano contenti,
Se da quell’adunanza
Che, poco fa, la voce
Di Pindaro ammirava,
165Ottenevan silenzio
Approvatore ovvero
Applauso non diviso;
Ma ricever l’alloro,
Della vittoria il pegno,
170Per quanto ognun lo brami,
Non osavan sperarlo.
Al tramontar del sole
Timidetta donzella,
A cui dieder gli Dei