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LA RELATIVITÀ PARTICOLARE |
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in M; M’ vede quindi il lampo A prima del lampo B. Fin qui sembra non vi sia nulla di straordinario; M’ percepirebbe in effetti un segnale sonoro proveniente da A prima che se venisse da B e ciò non ci condurrebbe a pensare che il tempo può essere relativo. Perché, M’ deve dire a se stesso che egli è in movimento in rapporto all’aria; o anche ch’egli è immobile e che il vento soffia lungo il treno ma, in ogni caso, egli deve ammettere una velocità relativa del suono dalla destra superiore a quella dalla sinistra alla destra; egli non sarà dunque autorizzato, dal fatto che i due segnali sonori non arrivano simultaneamente, a concludere ch’essi non sono prodotti nello stesso tempo. È tutt’affatto differente per l’osservatore che si serve dei segnali ottici. Nel suo caso non vi è, per la propagazione della luce, alcun sistema corrispondente all’aria e che prenda uno stato di movimento determinato; al contrario egli ha certamente fatto l’esperienza del Michelson e sa che per essa la luce si propaga nelle due direzioni con la stessa velocità. Come punto d’emissione delle onde luminose egli non può considerare che i vetri dei finestrini rotti egualmente distanti, A’ e B‘, perché egli riporta ad un movimento della massicciata l’ineguaglianza delle distanze dei due solchi sul suolo in A e B, se pure egli la nota, dato che niente lo obbliga a guardare fuori dal finestrino. M deve dunque pensare che le durate di propagazione dei due lampi sono uguali, ed in conseguenza egli è autorizzato, dall’arrivo non simultaneo dei due segnali luminosi a concludere che la loro emissione