Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
44 | LA RELATIVITÀ PARTICOLARE |
Notiamo nondimeno che, per quanto sia grande nella scienza l’importanza della rappresentazione figurativa, non bisogna sopraelevarne il valore. Senza dubbio è essa che, il piú delle volte, mostra al ricercatore la via di nuovi campi, è essa che dà ali alla sua immaginazione, senza la quale non potrebbe nulla creare; è essa ancora che apre allo studioso la via di nuovi modi di procedere del pensiero. Ma qui la sua funzione si arresta. Non accade mai che essa possa essere l’ultimo criterio del valore o del fondamento di una teoria. Nella lotta tra le rappresentazioni facilmente concepibili da una parte e la logica astratta sostenuta dalla matematica dall’altra, la storia delle scienze ci mostra, attraverso i secoli, il successo costante della logica.
Se tuttavia uno desidera una immagine chiara della teoria di Einstein, la migliore forse è quella spesso usata dal Petzold: quando noi guardiamo un oggetto, l’immagine che ne riceviamo non dipende solo dall’oggetto, ma anche dalla nostra posizione. In qualsiasi posto ci collochiamo non potremo evitare la deformazione di prospettiva; tuttavia, nonostante la diversità delle immagini ottenute, non dubitiamo che esse derivino dallo stesso oggetto. Ora, sino ad oggi, eravamo convinti che in mancanza dell’occhio umano, i metodi di misura fisica potessero cogliere un fenomeno in modo del tutto obiettivo. La concezione di Einstein lo nega e afferma che lo stato di movimento dell’osservatore interviene in tutte le misure, anche in quelle che sembrano le piú obiettive. Esse perciò, tutte indistintamente, danno