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I NUOVI FATTI 27

una maniera, se non soddisfacente, almeno piú soddisfacente che oggi: ora, l’esperienza del Michelson sembrava offrire la possibilità di ottenere di un sol tratto la soluzione di una questione tanto importante e tanto ardua, e giustificava per questo il lusso straordinario e la cura minuziosa con i quali la si è tentata.

A rigor di termini non si sarebbe potuto considerarne il successo come una confutazione del principio di relatività. Nell’esempio che noi abbiamo parecchie volte ricordato, abbiamo misurato non la velocità assoluta della nave, ma la sua velocità in rapporto al sistema nel quale si propaga il suono: l’aria. Parimenti l’esperienza del Michelson non avrebbe fatto conoscere il movimento assoluto della terra, ma la sua velocità relativa al sistema nel quale si propaga la luce, l’etere. Non sarebbe stata, è vero, altro che una concezione puramente teorica, una formola destinata a salvare il principio ad ogni costo. L’etere, considerato come l’ipotesi indispensabile per la propagazione della luce, riempe l’universo intero che i nostri sensi percepiscono alle piú lontane profondità siderali. Filosoficamente si può ammettere che un movimento in rapporto all’etere si distingue da un movimento in rapporto allo spazio vuoto: dal punto di vista pratico, fisico e sperimentale, tal distinzione non ha senso. La riuscita dell’esperienza non avrebbe dunque permesso che un salvataggio platonico della relatività.

Ma i risultati delle prime prove nel 1881, e del tentativo ripreso con maggior precisione nel 1887 furono assolutamente negativi. Col suo apparec-