Pagina:Kant - Critica della ragion pura, vol. I, 1949, trad. Gentile-Lombardo.djvu/69


introduzione 47

IV

Della differenza tra i giudizi analitici e sintetici.

In tutti i giudizi, nei quali è pensato il rapporto di un soggetto col predicato (considero qui soltanto quelli affermativi, perchè poi sarà facile l’applicazione a quelli negativi), cotesto rapporto è possibile in due modi. O il predicato B appartiene al soggetto A come qualcosa che è contenuto (implicitamente) in questo concetto A; o B resta interamente al di fuori del concetto A, sebbene si trovi in connessione col medesimo. Nel primo caso chiamo il giudizio analitico, nel secondo sintetico. Giudizi analitici (affermativi) son dunque quelli, nei quali la connessione del predicato col soggetto vien pensata per l’identità loro; quelli invece, nei quali questa connessione vien pensata senza identità, si devono chiamare sintetici. I primi si potrebbe anche chiamarli giudizi esplicativi, gli altri estensivi; poichè quelli per mezzo del predicato nulla aggiungono al concetto del soggetto, ma solo dividono con l’analisi il concetto ne’ suoi concetti parziali, che erano in esso già pensati (sebbene confusamente); dove, al contrario, questi ultimi aggiungono al concetto del soggetto un predicato, che in quella era punto pensato e non era deducibile con nessuna analisi. Se dico, per es.: tutti i corpi sono estesi, questo è un giudizio analitico. Giacchè non mi occorre di uscir fuori dal concetto che io unisco alla parola corpo, per trovar legata con esso l’estensione, ma mi basta scomporre quel concetto, cioè prender coscienza del molteplice ch’io comprendo sempre in esso, per ritrovarvi il predicato; questo è dunque un giudizio analitico. Invece, se dico: tutti i corpi sono gravi; allora il predicato è qualcosa di affatto diverso da ciò che io penso nel semplice concetto di corpo in generale. L’aggiunta d’un tale predicato ci dà perciò un giudizio sintetico.