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46 introduzione

meglio volare nello spazio vuoto di aria. Ed appunto così Platone abbandonò il mondo sensibile, poichè esso pone troppo angusti limiti all’intelletto; e si lanciò sulle ali delle idee al di là di esso, nello spazio vuoto dell’intelletto puro. Egli non si accorse che non guadagnava strada, malgrado i suoi sforzi; giacchè non aveva, per così dire, nessun appoggio, sul quale potesse sostenersi e puntare quasi le sue forze per muovere l’intelletto. Ma è comune destino della ragione umana nella speculazione allestire più presto che sia possibile il suo edifizio, e solo alla fine cercare se gli sia stato gettato un buon fondamento. Se non che, allora si ricercano abbellimenti esterni di ogni specie per farci forti della bellezza di esso, o anche per evitare del tutto tale tardiva e pericolosa verifica. Durante la costruzione, quel che ci tien liberi da ogni cura o sospetto, e ci acquieta con una apparente solidità, è questo. Una gran parte, e forse la maggiore, delle occupazioni della nostra ragione consiste nelle analisi dei concetti, che abbiamo già degli oggetti. Questo ci dà una quantità di conoscenze, le quali, sebbene non sieno nulla più che chiarimenti ed esplicazioni di ciò che già era pensato (benchè ancora in maniera confusa) nei nostri concetti, vengono tuttavia apprezzate, almeno per la forma, come nozioni nuove, quantunque, per la loro materia e per il loro contenuto, non allarghino punto i concetti che già possediamo, ma soltanto li estraggano l’uno dall’altro. Ora, poichè tale procedimento dà una reale conoscenza a priori, la quale segna un sicuro ed utile progresso, così la ragione, senza nè anche addarsene, con questa lusinga carpisce affermazioni di tutt’altra natura; nelle quali ai concetti dati aggiunge nuovi concetti affatto estranei, e pure a priori, senza che si sappia come vi giunga, e senza lasciarsi nemmeno venire in pensiero una tale questione. Io perciò tratterò a principio della differenza di queste due specie di conoscenza.