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introduzione 43

tudine che ne deriva (e perciò da una necessità semplicemente soggettiva) di collegare certe rappresentazioni. Si potrebbe anche, senza aver bisogno di simili esempi per trovare la reale esistenza di principii a priori nella nostra conoscenza, dimostrare che essi sono indispensabili per la possibilità della stessa esperienza, e quindi a priori. Perchè, dove l’esperienza stessa cercherebbe mai d’attingere la sua certezza, se tutte le leggi, secondo le quali essa procede, fossero sempre empiriche e però contingenti; e se, per conseguenza, esse non potessero farsi valere come primi principii? Per altro, qui può bastarci di aver esposto come un fatto l’uso puro della nostra facoltà di conoscere insieme coi segni distintivi di esso. Ma non solo nei giudizi, sibbene anche nei concetti, apparisce un’origine a priori d’alcuni di essi. Infatti, se sottraete a poco a poco dal vostro concetto empirico d’un corpo tutto ciò che vi è di empirico, il colore, la durezza, la mollezza, la pesantezza e la stessa impenetrabilità, resta tuttavia lo spazio, che esso (che ora è del tutto svanito) occupava, e che non può essere soppresso. Così, se togliete via dal vostro concetto empirico di ciascun oggetto corporeo o incorporeo tutte le proprietà che l’esperienza c’insegna, non gli potete nondimeno togliere quella, per cui lo si pensa come sostanza o aderente a una sostanza (sebbene questo concetto abbia una determinazione maggiore che quello di oggetto in generale). Spinti dalla necessità, con cui questo concetto vi s’impone, dovete dunque convenire che esso ha la sua sede nella vostra facoltà di conoscere a priori.