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iv
prefazione a questa traduzione
 


Nella quale trilogia si spezza, per così dire, e si riorganizza, integrandosi, il pensiero della Dissertazione del 1770. In questa Dissertazione, la scienza è scienza del mondo sensibile e scienza del mondo intelligibile: esperienza e metafisica. La Critica della ragion pura è la dimostrazione dell’impossibilità della metafisica, e della necessità di limitare la scienza al mondo sensibile. La Critica della ragion pratica è, invece, la dimostrazione dell’impossibilità d’intendere lo spirito (etico), in quanto libertà, dal punto di vista dell’esperienza, ossia con la scienza garentita dalla prima Critica: quindi, della necessità di una scienza a sè dell’intelligibile in quanto spirito. Donde una dualità di esperienza e metafisica, analoga a quella posta nella Dissertazione del 1770: ma con la differenza, che in questa Dissertazione la vera scienza per Kant è la metafisica, e qui, invece, è la esperienza: lì al contrario, la vera realtà è quella del mondo sensibile o della nautra, qui quella del mondo intelligibile o dello spirito. Via via, si può dire, che a Kant si disfà tra mano la scienza del noumeno, gli cresce il desiderio di questo, e il senso profondo della sua realtà. Donde il bisogno di una conciliazione tra il concetto di questa realtà, che è libertà e fine, e quella scienza, che si fonda sulla negazione del fine e della libertà: bisogno, che il Kant procura di soddisfare con la Critica del giudizio, dove il giudizio riflesso sulla natura, oggetto della scrienza, dà al filosofo come una seconda vista, la quale al di sotto del meccanismo scorge una finalità necessaria all’intelligenza della natura, e solleva tutta la realtà, da un punto di vista regolativo, e cioè spirituale, al piano dello spirito.


II

Non aveva, si può dire, pubblicato la dissertazione De mundi sensibilis, e già Kant ne ripigliava il problema, e s’accingeva alla Critica della ragion pura. In una lettera, infatti, del 7 giugno 1771 all’amico e scolaro Marco Herz