Pagina:Kant - Critica della ragion pura, vol. I, 1949, trad. Gentile-Lombardo.djvu/46

24 prefazione alla seconda edizione

stessa, la possibilità di occuparlo, se ci riesce, con i dati pratici della medesima1.

In quel tentativo di cambiare il procedimento fin qui seguito in metafisica, e di operare così in essa una completa rivoluzione seguendo l’esempio dei geometri e dei fisici, consiste il compito di questa critica della ragion pura speculativa. Essa è un trattato del metodo, e non un sistema della scienza stessa; ma essa ne traccia tutto il contorno, sia riguardo ai suoi limiti, sia riguardo alla sua completa struttura interna. Giacchè la ragion pura speculativa ha in sè questo di peculiare, che essa può e deve misurare esattamente il suo proprio potere secondo il diverso modo col quale sceglie gli oggetti pel suo pensiero; e dare così una enumerazione completa di tutti i differenti modi di porsi i problemi; e così, pure, delineare tutto il disegno per un sistema di metafisica; infatti, per ciò che concerne il primo punto, nella conoscenza a priori nulla può essere attribuito agli oggetti, all’infuori di ciò che il soggetto pensante trae da se medesimo; e, per ciò che riguarda il secondo punto, essa, rispetto ai principii della conoscenza, è un’unità affatto separata e per sè stante, nella quale ciascun membro, come in un corpo organizzato, esiste per gli altri, e tutti esistono per ciascuno; e nessun principio può essere assunto con certezza da un punto di vista, se non sia stato investigato nell’insieme dei suoi rapporti, in tutto l’uso puro della ragione. Ma perciò la



  1. Così le leggi centrali dei movimenti dei corpi celesti conferirono certezza assoluta a quel che Copernico da principio aveva ammesso soltanto come una ipotesi, e provarono nello stesso tempo la forza invisibile che lega il sistema del mondo (l’attrazione di Newton); la quale sarebbe rimasta per sempre ignota, se Copernico non avesse per primo osato cercare, in modo del tutto opposto alla testimonianza dei sensi, e pur vero, la spiegazione dei movimenti osservati, non negli oggetti dei cielo, ma nel loro spettatore. In questa prefazione io presento come una ipotesi il cambiamento di metodo che espongo nella critica, e che è analogo a quella ipotesi; sebbene, nel corso della trattazione, sarà dimostrato, non più ipoteticamente, ma apoditticamente, della natura delle nostre rappresentazioni dello spazio e del tempo; ma egli è solo per far notare che i primi tentativi di una riforma di questo genere sono sempre ipotetici. (N. d. K.)