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ANALITICA DEI PRINCIPII 167

Questa dottrina trascendentale del Giudizio, conterrà dunque due capitoli: il primo, che tratta della condizione sensibile, in cui soltanto possono essere adoperati i concetti puri dell’intelletto, cioè dello schematismo dell’intelletto puro; il secondo, invece, di quei giudizi, sintetici che derivano a priori, sotto queste condizioni, da concetti puri dell’intelletto, e che sono base di tutte le altre conoscenze a priori, cioè dei principii dell’intelletto puro.

CAPITOLO I

Dello schematismo dei concetti puri dell’intelletto.


In ogni sussunzione d’un oggetto sotto un concetto, la rappresentazione del primo dev’essere omogenea con quella dell’ultimo, cioè il concetto deve contenere ciò che è rappresentato nell’oggetto da sussumere sotto di esso; perocchè questo appunto significa l'espressione che un oggetto sia compreso sotto un concetto. Così il concetto empirico di un piatto ha omogeneità, con quello geometrico puro di circolo, giacché la rotondità, che nel primo è pensata, nel secondo è intuita.

Ma i concetti puri dell’intelletto, paragonati alle intuizioni empiriche (anzi sensibili, in generale) sono affatto eterogenei, e non possono trovarsi mai in una qualsiasi intuizione. Or com’è possibile la sussunzione di queste sotto di quelli, e quindi l'applicazione della categoria ai fenomeni, poichè nessuno tuttavia dirà: questa categoria, per es. la causalità, può essere anche intuita per mezzo dei sensi, e contenuta nel fenomeno? Questa domanda così naturale e importante, è propriamente la causa che rende indispensabile una dottrina trascendentale del Giudizio, per mostrare la possibilità, in generale, di applicare i concetti puri dell’intelletto a fenomeni in generale. In tutte le altre scienze, nelle quali i concetti, onde l’oggetto