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166 LOGICA TRASCENDENTALE

in generale e indipendentemente dalle particolari circostanze dell’esperienza, e abituano quindi alla fine ad adoperare quelle regole più come formule che come principii. Così gli esempi sono le dande del Giudizio, e chi manca di talento naturale non può mai farne a meno.

Ma, quantunque la logica generale non possa dare nessuna prescrizione al Giudizio, ben diversa è la cosa per la trascendentale; anzi quest’ultima pare abbia l’ufficio speciale di rettificare e assicurare il Giudizio nell’uso dell’intelletto puro, mercè regole determinate. Perocchè a produrre un’estensione dell’intelletto nel dominio delle conoscenze pure a priori, e quindi come dottrina, la filosofia apparisce non necessaria o piuttosto male applicata; poichè con tutti i tentativi finora fatti s’è guadagnato ben poco o niente terreno; ma, come Critica, per prevenire i passi falsi del Giudizio (lapsus iudicii) nell’uso di quei pochi concetti puri dell’intelletto che noi possediamo (benchè l’utilità non sia allora se non negativa), la filosofia interviene con tutto il suo acume e il suo controllo.

Ma la filosofia trascendentale ha questo di peculiare, che oltre la regola (o piuttosto condizione generale per le regole), che é data nel concetto puro dell’intelletto, può nello stesso tempo indicare a priori il caso, a cui la regola devesi applicare. La causa del vantaggio, che essa ha in

questo punto, al disopra di ogni altra scienza teoretica (salvo la matematica), sta in ciò: che essa tratta dei concetti che si debbono riferire a priori ai loro oggetti, e il cui valore obbiettivo perciò non può essere dimostrato a posteriori; perchè ciò non lascerebbe intatta cotesta loro dignità1; ma essa deve insieme esporre nei caratteri generali, ma sufficienti, le condizioni in cui gli oggetti possono esser dati in accordo con quei concetti; senza di che questi sarebbero vuoti d’ogni contenuto, quindi forme logiche e non concetti puri dell’intelletto.

  1. Ossia non proverebbe il loro valore a priori.