Pagina:Kant - Critica della ragion pura, vol. I, 1949, trad. Gentile-Lombardo.djvu/187


ANALITICA DEI PRINCIPII 165

è capace d’istruirsi e munirsi con regole, ma il Giudizio è un talento particolare, che non si può insegnare, ma soltanto esercitare. Quindi il Giudizio è l’elemento specifico del così detto ingegno naturale, al cui difetto nessuna scuola può supplire; perocchè, per quanto a un intelletto limitato possa questa somministrare e, per così dire, innestare in grande abbondanza regole tolte dalla scienza altrui, la capacità tuttavia di servirsene direttamente deve appartenere allo stesso scolaro; e non c’è regola che si possa suggerire a tale scopo, la quale, in mancanza d’un tal dono di natura, sia sicura dall’abuso1. Quindi un medico, un giudice, un uomo di Stato può avere nella testa molte belle regole patologiche, giuridiche, politiche, da poterne essere egli stesso un profondo maestro, e tuttavia all’applicazione sbagliare facilmente, o perchè manchi di Giudizio naturale (sebbene non manchi di intelletto) e comprenda bensì l’universale in abstracto, ma non sappia decidere se un caso particolare in concreto vi rientri, o anche per non essere stato sufficientemente indirizzato a un tal giudizio mediante esempi e casi pratici. L’unica e grande utilità degli esempi è questa, che acuiscono il Giudizio. Perchè, quanto alla giustezza e precisione della comprensione intellettuale, essi piuttosto vi recano comunemente

pregiudizio, poichè solo raramente adempiono adeguatamente alla condizione della regola (come casus in terminis) e, oltre a ciò, indeboliscono spesse volte quello sforzo dell'intelletto a comprendere nella loro sufficienza le regole

  1. Il difetto di Giudizio è propriamente quello che si chiama grulleria, difetto a cui non c'è modo di arrecare rimedio. Una testa ottusa o limitata, alla quale non manchi altro che un conveniente grado di intelletto e dei suoi concetti, si può bene armare mediante l’insegnamento fino a farne magari un dotto. Ma, poichè in tal caso di solito avviene che si sia sempre in difetto (di secunda Petri*), non è punto raro il caso di uomini assai dotti, i quali nell’uso della loro scienza lascino spesso scorgere quel tal difetto, non mai abbastanza corretto. (N. di K.) (*) Secunda Petri, cioè « Giudizio », così detto scherzosamente da Kant con allusione alla 2° parte della Logica di Pietro Ramo (1515-1572), che tratta appunto del Giudizio.