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analitica dei concetti 155

tanto meno semplice parvenza); ma la determinazione della mia esistenza1 può avvenire solo secondo la forma del senso interno, in quella speciale maniera in cui il molteplice, che io unifico, può essere dato nella intuizione interna; ed io non ho dunque pertanto una conoscenza di me quale sono, ma semplicemente quale apparisco a me stesso. La coscienza di se medesimo è dunque ben lungi dall’essere una conoscenza di se stesso, malgrado tutte le categorie che costituiscono il pensiero di un oggetto in generale mediante l’unificazione del molteplice in una appercezione. Come per la conoscenza di un oggetto diverso da me, oltre il pensiero di un oggetto in generale (nella categoria), io ho pure bisogno di una intuizione con cui determinare quel concetto generale; così, per la conoscenza di me stesso, oltre alla coscienza, ovvero oltre al pensare me stesso, io ho pur bisogno di una intuizione di un molteplice entro me, con cui io determini quel pensiero; ed io esisto come intelligenza che è consapevole soltanto della sua potenza unificatrice, ma che, per rispetto al molteplice che deve unificare, essendo sottoposta a una condizione limitativa che chiama senso interno, non può render intuibile quella unificazione se non secondo rapporti di tempo, i quali restano al tutto fuori dei concetti propri dell’intelletto; e può conoscersi quindi solo come apparisce a se stessa, in rapporto con una intuizione (che non



  1. L’«io penso» esprime l’atto di determinare la mia esistenza. L’esistenza dunque con ciò è già data; ma la maniera in cui io debba determinarla, cioè porre in me il molteplice ad essa appartenente, con ciò ancora non è data. Occore l’auto-intuizione, che ha per base una data forma a priori, cioè il tempo, che è sensibile e appartiene alla recettività del determinabile. Ora, se io non ho anche un’altra auto-intuizione, che dia quello che in me è determinante (rispetto al quale io non ho coscienza se non della sua spontaneità) e lo dia innanzi all’atto del determinare a quel modo che il tempo dà il determinabile, io non posso determinare la mia esistenza come essere spontaneo; ma io mi rappresento solo la spontaneità del mio pensiero, cioè del determinare, e la mia esistenza rimane sempre determinabile soltanto sensibilmente, cioè come l’esistenza di un fenomeno. Pure questa spontaneità fa che io mi dica intelligenza.