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148 logica trascendentale

matematica), creano conoscenze solo in quanto queste — e però anche per mezzo di esse i concetti dell’intelletto — possono essere applicate a intuizioni empiriche. Di guisa che le categorie mediante l’intuizione non ci dànno ancora nessuna conoscenza delle cose, se non soltanto per la loro possibile applicazione a un’intuizione empirica, esse cioè servono solo alla possibilità della conoscenza empirica. Ma questa si chiama esperienza. Dunque le categorie non hanno alcun uso alla conoscenza delle cose, se non in quanto queste sono prese come oggetti di esperienza possibile.


§ 23.

Tale proposizione è della più grande importanza; perchè determina i limiti dell’uso dei concetti puri dell’intelletto rispetto agli oggetti, a quel modo che l’Estetica trascendentale ha determinato quelli dell’uso della forma pura della nostra intuizione sensibile. Spazio e tempo valgono come condizioni della possibilità che ci sien dati degli oggetti non altrimenti che quali oggetti dei sensi, e perciò solo dell’esperienza. Fuori di questi limiti, essi non rappresentano nulla; perocchè sono soltanto nei sensi e fuori di essi non hanno nessuna realtà. I concetti puri dell’intelletto son liberi da questa limitazione, e si estendono ad oggetti dell’intuizioni in generale, sia essa simile alla nostra o no, pur che sia sensibile e non intellettuale. Ma questa più vasta estensione dei concetti non ci giova a nulla di là della nostra intuizione sensibile. Perchè allora essi sono concetti vuoti di oggetti, dei quali, per mezzo loro, non abbiamo assolutamente il modo di giudicare, per non dir altro, se mai sieno possibili o no; semplici forme del pensiero senza realtà obbiettiva, poichè noi non disponiamo di un’intuizione, a cui possa essere applicata quell’unità sintetica dell’appercezione che soltanto esse contengono, e con cui esse possono determinare un oggetto.