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analitica dei concetti 139

la loro molteplicità in una coscienza; altrimenti io dovrei avere un Me stesso variopinto, diverso, al pari delle rappresentazioni delle quali ho coscienza. L’unità sintetica del molteplice delle intuizioni, in quanto data a priori, è dunque la base della identità dell’appercezione stessa, che precede a priori ogni mio pensiero determinato. Ma l’unificazione non è dunque negli oggetti, e non può esser considerata come qualcosa di attinto da essi per via di percezione, e per tal modo assunto primieramente nell’intelletto; ma è soltanto una funzione dell’intelletto, il quale non è altro che la facoltà di unificare a priori e di sottoporre all’unità della percezione il molteplice delle rappresentazioni date; ed è questo il principio supremo di tutta la conoscenza umana.

Ora, questo principio della unità necessaria dell’appercezione, è in verità esso stesso una proposizione identica e perciò analitica; tuttavia chiarisce per necessaria una sintesi del molteplice dato in una intuizione; sintesi, senza la quale non sarebbe possibile pensare quella entità universale della autocoscienza. Dall’Io infatti, come semplice rappresentazione, non è dato nessun molteplice; questo può essere dato solo nell’intuizione, che è altra cosa, e può esser pensato solo mediante l’unificazione in una coscienza. Un intelletto, nel quale ogni molteplicità fosse data immediatamente dall’autocoscienza, intuirebbe; ma il nostro intelletto può solamente pensare, e deve cercare nei sensi l’intuizione. Io sono dunque consapevole dell’identico me stesso rispetto al molteplice delle rappresentazioni datemi in una intuizione, poichè chiamo tutte insieme mie le rappresentazioni che ne formano una. Il che è come dire, che io son consapevole di una loro necessaria sintesi a priori, la quale significa appunto l’unità sintetica originaria della appercezione, nella quale stanno tutte le rappresentazioni che mi son date, ma nella quale altresì è necessario che esse sieno state portate in virtù di una sintesi.