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138 logica trascendentale

vole di esse, come tali), debbono necessariamente sottostare alla condizione in cui soltanto esse possono coesistere in una comune autocoscienza, poichè altrimenti non mi apparterrebbero in comune. Da questa originaria unificazione possono seguire molte conseguenze.

E cioè: questa identità come nell’appercezione del molteplice, dato nell’intuizione, contiene una sintesi delle rappresentazioni, ed è possibile solo per la coscienza di questa sintesi. Infatti la coscienza empirica, che accompagna diverse rappresentazioni, è in sè dispersa e senza relazione con l’identità del soggetto. Questa relazione dunque non ha luogo ancora per ciò che io accompagno colla coscienza ciascuna delle rappresentazioni, ma perchè le compongo tutte l’una con l’altra, e sono consapevole della loro sintesi. Solo perciò, in quanto posso legare in una coscienza una molteplicità di rappresentazioni date, è possibile che io mi rappresenti l’identità della coscienza in queste rappresentazioni stesse; cioè, l’unità analitica della appercezione è possibile solo a patto che si presupponga una unità sintetica1. Il pensiero: queste rappresentazioni date nell’intuizione mi appartengon tutte, — suona lo stesso che: io le unisco in una autocoscienza, o almeno posso unirvele; e, sebbene esso non sia ancora la coscienza della sintesi delle rappresentazioni, ne presuppone tuttavia la possibilità; cioè, io chiamo quelle rappresentazioni tutte mie rappresentazioni, solo perchè io posso comprendere



  1. L’unità analitica della coscienza appartiene a tutti i concetti generali, come tali; per es., se io penso al rosso in generale, mi rappresento una quantità che (come nota) può essere in qualche cosa, e collegata con altre rappresentazioni; così solamente mediante una possibile unità sintetica precedentemente pensata m’è dato di rappresentarmene una analitica. Una rappresentazione, che dev’esser pensata come comune a diverse rappresentazioni, sarà considerata come appartenente a rappresentazioni tali che abbiano in sè, oltre di essa, anche alcunchè di diverso; e per conseguenza dev’esser pensata in unità sintetica con altre rappresentazioni (ancorchè solo possibili), prima che io possa concepire in essa l’unità della coscienza, che ne fa il conceptus communis. È dunque l’unità sintetica della appercezione il punto più alto, al quale si deve legare tutto l’uso dell’intelletto, tutta la logica stessa, e dopo di questa la filosofia trascendentale, anzi questa facoltà è lo stesso intelletto. (N. di K.)