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analitica dei concetti 115

giudizio ipotetico (antecedens e consequens) e la cui azione reciproca forma il giudizio disgiuntivo (membri della divisione), sono insieme soltanto problematici. Nell’esempio di sopra, la proposizione «C’è una giustizia perfetta», non è detta in modo assertorio, ma soltanto pensata come un giudizio arbitrario, che può essere ammesso da qualcuno; e solo la conseguenza è assertoria. Perciò taluni giudizi possono essere perfino manifestamente falsi, e tuttavia, assunti come problematici, servire di condizione alla conoscenza della verità. Così il giudizio: il mondo esiste per cieco caso, nel giudizio disgiuntivo ha un significato puramente problematico: cioè, qualcuno potrebbe ammettere questa proposizione, in qualche modo, per un istante: ma essa serve (come indicazione di una strada falsa fra tutte quelle che si può prendere) a trovare la vera. La proposizione problematica è dunque quella, che esprime solo una possibilità logica (che non è punto oggettiva), ossia una libera scelta di assumere tale proposizione come valida: ammissione puramente arbitraria di essa nell’intelletto. La proposizione assertoria esprime la realtà logica o la verità; come in un sillogismo ipotetico l’antecedente è problematico nella maggiore, assertorio nella minore, e indica che la proposizione è già legata con l’intelletto in virtù delle sue leggi. La proposizione apodittica pensa il giudizio assertorio determinato secondo queste leggi dell’intelletto stesso e, per conseguenza, come affermante a priori; ed esprime in tal modo una necessità logica. Ora, poichè tutto qui si incorpora gradatamente nell’intelletto, per modo che si giudica dapprima qualche cosa problematicamente, e la si ammette in sèguito assertoriamente come vera, e la si afferma, infine, come inseparabilmente legata con l’intelletto, cioè come necessaria ed apodittica, le tre funzioni della modalità si possono considerare come altrettanti momenti del pensiero in generale.