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sezione seconda - del tempo 91

spirito, determina nella rappresentazione di tempo la maniera, onde il molteplice è riunito nello spirito; poichè lo spirito intuisce se stesso, non come si rappresenterebbe immediatamente e spontaneamente, ma come internamente vien modificato; perciò come appare a sè, non come è.


III. Quando io dico: nello spazio e nel tempo così l’intuizione degli oggetti esterni, come anche l’intuizione che lo spirito ha di se stesso rappresenta l’uno e l’altro oggetto così come essa modifica i nostri sensi, cioè come esso pare, ciò non vuol dire che questi oggetti siano una semplice parvenza. Giacchè nel fenomeno gli oggetti, anzi le stesse loro qualità, che ascriviamo a loro, sono considerate come qualcosa di effettivamente dato; e solo in quanto queste qualità dipendono esclusivamente dal modo d’intuizione del soggetto nella relazione dell’oggetto dato con esso, quest’ogetto come fenomeno è distinto dallo stesso come oggetto in sè. Perciò io non dico che i corpi paiono semplicemente essermi esterni, o che l’anima mia pare semplicemente data nella mia autocoscienza, quando affermo che le qualità dello spazio e del tempo, secondo le quali, come condizione della loro esistenza, pongo e quelli e questa, sono nel mio modo di intuire, e non in questi oggetti. Sarebbe un errore il mio, se io facessi una pura parvenza di ciò che devo considerare come fenomeno1. Ma ciò non avviene secondo il nostro principio



  1. I predicati del fenomeno possono essere attribuiti all’oggetto stesso in rapporto al nostro senso, per es.: alla rosa il color rosso o l’odore; ma all’oggetto ad attribuire all’oggetto per sè, ciò che gli può convenire solo in rapporto ai sensi o in generale al soggetto, per es.: i due anelli attribuiti una volta a Saturno. Fenomeno è ciò che non appartiene all’oggetto in se stesso, ma si trova sempre nel rapporto di esso col soggetto, ed è inseparabile dalla rappresentazione di questo; giustamente perciò i predicati dello spazio e del tempo sono attribuiti agli oggetti dei sensi come tali, e in ciò non v’è parvenza. Al contrario, se io attribuisco alla rosa in sè il color rosso, a Saturno gli anelli o a tutti gli oggetti esterni in sè l’estensione, senza guardare a un determinato rapporto di questi oggetti col soggetto e senza limitare ad esso il mio giudizio, allora nasce la parvenza (N. di K.)