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personalmente ai rigorosi doveri della rettitudine; è omai evidente che la vostra risoluzione non ha potuto emergere da un divisamento senza dubbio virtuoso, giacchè questo non v’impegnerebbe già a sacrificare una sacra obbligazione a quel momentaneo offuscamento. Per contrario, lorchè una universal benevolenza pel genere umano è divenuta, per voi, un principio al quale sommettereste del continuo le vostre azioni, resta ancor la pietà per gl’infelici; occupando però un punto di vista più sublime, bilanciasi in una giusta proporzione colla massa de’ vostri doveri; se la generale amorevolezza di cui siete voi largo alla specie vostra, è un motivo di dividere le altrui sofferenze, lo è pur d’obbedire a quella giustizia, alle cui leggi le azioni d’ogni dabbenuomo debbono andar sottoposte. Da che questo sentimento ha preso il carattere di generalità che conviengli, esso è Sublime, e per la stessa ragione, più freddo; giacchè sarebbe difficile che ci gonfiasse il nostro seno ogni giorno di tenerezza per privati interessi, e che nell’occasione di ogni male straniero, i nostri occhi si affogassero nel pianto. Altrimenti il destino dell’uom virtuoso sarebbe di sciogliersi in lagrime senza fine, a guisa di Eraclito, e tutta questa bontà d’un cuor compassionevole per tutti non perverrebbe che a farne un tenero poltrone1.

  1. Un più rigoroso esame della pietà ci farà conoscere che la sua qualità, per quanto amabile possa essere, non porta pertanto con se la dignità della virtù. Un bamboletto che soffre, una graziosa donzella sventurata e non conpianta, imprimeranno all’anima nostra quelle sorte di tristezza nel tempo stesso che ci pervie-