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viaggio al centro della terra 21


— E così? questa chiave...

— Qual chiave? La chiave della porta?

— Ma no, esclamai, la chiave del documento!»

Il professore mi guardò al disopra de’ suoi occhiali; vide senza dubbio qualche cosa insolita nella mia fisonomia, poichè mi prese vivamente il braccio e, non potendo proferir parola, m’interrogò collo sguardo. Nè mai domanda fu formulata in maniera più precisa.

Io scossi la testa dall’alto in basso.

Egli tentennò la sua con una specie di pietà, come se avesse a fare con un pazzo.

Io feci un gesto più affermativo.

I suoi occhi mandarono un vivo bagliore, la sua mano divenne minacciosa.

Questa conversazione muta in siffatte condizioni avrebbe interessato lo spettatore più indifferente; e davvero io era giunto a tale, da non osar più parlare, per paura che mio zio non mi soffocasse nei primi amplessi di gioia; se non che egli divenne così pressante che mi convenne rispondere.

«Sì, questa chiave!... il caso!...

— Che dici! esclamò con una commozione indescrivibile.

— Ecco, diss’io porgendogli il foglio di carta sul quale avevo scritto, leggete.

— Ma ciò non significa nulla! rispos’egli spiegazzando la carta.

— Nulla, se s’incomincia a leggere dal principio, ma dalla fine...»

Non avevo ancora finito la mia frase che il professore gettava un grido, meglio che un grido, un vero ruggito! Una subita luce si faceva nel suo spirito. Egli era trasfigurato.

Ah! ingegnoso Saknussemm! tu avevi dunque incominciato dallo scrivere la tua frase al rovescio? e precipitandosi sul foglio di carta coll’occhio torbido, la voce commossa, lesse tutto il documento risalendo dall’ultima lettera alla prima.

Era concepito in questi termini:

In Sneffels Yoculis craterem kem delibat
umbra Scartaris Julii intra calendas descende,
audas viator, et terrestre centrum attinges.
Kod feci. Arne Saknussemm.