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12 viaggio al centro della terra


A questa domanda non risposi nulla, e ci avevo le mie ragioni. I miei sguardi si erano arrestati sopra un bel ritratto appeso al muro, il ritratto di Graüben. La pupilla di mio zio era allora in Altona, presso una delle sue parenti, e la sua lontananza mi rendeva assai triste, perchè, io posso dirlo, oramai la bella Virlandese e il nipote del professore si amavano con tutta la pazienza e la tranquillità tedesca. Ci eravamo fidanzati all’insaputa di mio zio, troppo geologo per comprendere simili sentimenti. Graüben era una vaga giovinetta bionda, dagli occhi azzurri, d’indole alquanto grave e di spirito serio, il che non toglie che essa mi amasse molto; dal canto mio, io l’adorava, se per altro questo verbo esiste nella lingua tedesca. L’immagine della mia piccola Virlandese mi rigettò adunque in un istante dal mondo della realtà in quello delle chimere e dei ricordi.

Rividi la fedele compagna dei miei lavori e dei miei piaceri. Essa mi aiutava ad ordinare ogni giorno i ciottoli preziosi di mio zio; essa vi attaccava i cartellini insieme con me. Era mineralogista valente la signorina Graüben, e avrebbe potuto insegnarne a più d’un dotto, tanto amava approfondire le ardue questioni della scienza. Le dolci ore che noi avevamo passato a studiare insieme! e quante volte non mi avvenne d’invidiare la sorte di quelle pietre insensibili ch’essa toccava colle manine aggraziate. Poi, giunta l’ora della ricreazione, uscivamo entrambi, e lungo i fitti viali dell’Alster, andavamo insieme al vecchio mulino incatramato, che ha un così vago aspetto alla estremità del lago; cammin facendo cianciavamo, tenendoci per mano; io le raccontava cose che la facevano ridere; si giungeva così fino alla spiaggia dell’Elba e dopo aver dato la buona sera ai cigni che nuotano in mezzo alle ninfee, ritornavamo per mezzo del battello a vapore.

Io era a questo punto del mio sogno, quando mio zio, battendo la tavola col pugno mi ricondusse di repente alla realtà.

«Vediamo, diss’egli; la prima idea che deve offrirsi allo spirito per imbrogliare le lettere d’una frase, è, parmi, di scrivere le parole verticalmente invece di tracciarle orizzontalmente.

— To’, è vero! pensai.

— Bisogna vedere il risultato di questo sistema. Axel, butta una frase qualunque sopra un pezzo di carta, ma