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viaggio al centro della terra 137


Al mezzodì Hans prepara un amo all’estremità d’una corda, lo adesca con un pezzetto di carne e lo getta in mare. Durante due ore non prende nulla; queste acque sono dunque disabitate? no; una scossa avverte Hans il quale tira la lenza a cui è attaccato un pesce che si dibatte vigorosamente.

«Un pesce! esclama mio zio.

— Uno storione! esclamo alla mia volta; un piccolo storione!»

Il professore guarda attentamente l’animale e non è della mia opinione; quel pesce ha la testa schiacciata, arrotondata e la parte anteriore del corpo coperta di scaglie e d’ossa; la sua bocca è priva di denti; ha pinne pettorali molto sviluppate ed è sprovvisto di coda.

Certo quell’animale appartiene a un ordine in cui i naturalisti hanno classificato lo storione, ma ne differisce essenzialmente per più rispetti.

Mio zio non s’inganna poichè, dopo un breve esame, dice: «Questo pesce appartiene a una famiglia estinta da secoli e di cui si ritrovano solo le traccie fossili nei terreni devoniani.

— Come? dico io; noi abbiamo potuto prender vivo un abitante dei mari primitivi?

— Sì, risponde il professore continuando le sue osservazioni, e tu vedi che questi pesci fossili non hanno alcuna identità colle specie d’oggidì. Ora aver nelle mani vivo uno di tali esseri è una vera fortuna per un naturalista.

— Ma a qual famiglia appartiene?

— All’ordine dei ganoidi, famiglia dei cefalaspidi, genere...

— Ebbene?

— Genere dei pterychtis, lo giurerei! ma questo ha una particolarità che, per quanto si dice, s’incontra nei pesci delle acque sotterranee.

— Quale?

— È cieco.

— Cieco!

— Non solo cieco, ma l’organo della vista gli manca affatto.»

Guardo; la cosa è verissima. Ma può forse essere un caso speciale. La lenza adunque nuovamente adescata, è rigettata in mare. Senza dubbio quell’oceano è ricco di pesci, perchè in due ore noi prendiamo gran quantità di