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viaggio al centro della terra 93

così profonde richiederebbe sacrifici enormi; e a qual pro d’altra parte, se il carbon fossile è ancora sparso per così dire alla superficie della Terra in molte contrade? Tal quale io li vedeva, così quegli strati rimarrebbero fino a che fosse suonata l’ultima ora del mondo.

Frattanto andavamo innanzi. Io solo, fra i miei compagni, dimenticava la lunghezza della strada per smarrirmi nelle considerazioni geologiche. La temperatura rimaneva qual’era stata durante il nostro passaggio in mezzo alle lave ed agli schisti.

Solo il mio odorato era offeso da un odore assai acuto di proto-carburo d’idrogeno. Riconobbi immediatamente nella galleria la presenza di gran quantità di questo fluido pericoloso, al quale i minatori hanno dato nome di grisou e la cui esplosione ha così di frequente cagionato spaventevoli catastrofi. Per buona sorte noi eravamo rischiarati dagli ingegnosi apparecchi di Ruhmkorff; ma se avessimo esplorato imprudentemente la galleria colle torcie, uno scoppio terribile avrebbe posto termine al viaggio, sopprimendo i viaggiatori.

Questa escursione nella miniera durò fino a sera. Mio zio tratteneva appena l’impazienza cagionatagli dal vedere che il sentiero si manteneva orizzontale. Le tenebre sempre, profonde a venti passi, impedivano di calcolare la lunghezza della galleria ed io cominciava già a crederla interminabile, quando all’improvviso, alle sei, ci si rizzò innanzi un muro. A diritta, a mancina, in alto, in basso non era alcuna uscita.

Eravamo giunti al fondo d’un chiasso.

«Ebbene! tanto meglio! esclamò mio zio; ora so almeno il fatto mio. Noi non siamo sulla strada di Saknussemm e non ci rimane più che ritornare indietro. Riposiamo una notte e prima di tre giorni avremo riguadagnato il punto in cui le due gallerie si bipartiscono.

— Sì, diss’io, se ne avremo la forza.

— E perchè no?

— Perchè domani l’acqua mancherà del tutto.

— E il coraggio mancherà egli del pari? domandò il professore guardandomi con occhio severo.»

Io non osai rispondergli.