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Ed amò il verno, che la pace assente
Profonda, e al germe di fallaci fiori
Chiude la vita, inesorabilmente:

Il verno, immite a’ giovanili cuori,
Ma non ingrato alla severa mente
Nel suo disprezzo di lucenti errori.

***

Ecco l’amara e copiosa fonte dell’ispirazione: il Dolore; ed ecco i versi più spontanei di Elda Gianelli. Qui anche la chiusa è serrata e succosa, mentre, lo dico per incidente, spesso gli ultimi versi delle sue composizioni sono meno felici dei primi. Per esempio questo principio di due fluenti ottave:

Come una vela candida e romita
Naviga il mio pensier per l’ampio mare


promettevano per la fine qualche cosa di più; ed anche l’altro grazioso primo verso:


O solitaria perla del core,
Pensier...


e questi, soavissimi, dopo il titolo di «Riflessi:»

Voi siete i fiori dell’anima mia,
Anima triste, fior senza colore;


ci fanno sperare una progressione che non viene e la cui mancanza ci lascia un po’ freddi, stavo per dire tristi, come in musica la risoluzione indefinita d’una armonia.

In compenso però la strofa corre sempre agile e alata, e, come dissi, l’idea palpita sotto il fragile involucro gentile. Le «Ruine» contro cui si frangono i secoli e che una latente forza, minuta, paziente