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delle generazioni future che un po’ più di serietà, di tempra nella donna, non sarebbe proprio male.

Che volete, signora; io ho a questo proposito idee tutte mie, false forse, ma ho delle idee, ciò che è sempre meglio che non ne avere: io credo che una franca, geniale, semplice scambievolezza di rapporti morali fra un sesso e l’altro, senza misticismi e senza sensualità, quella simpatica e sana amicizia che si ordisce solo quando le anime sono rivolte a un faticoso intento comune, non farebbe perdere nè alla donna la sua delicatezza, nè all’uomo la sua forza. Sono elementi naturali in essi e la natura si lascia mitigare, mai fuorviare. L’uomo imparerà a stimarci e ad apprezzarci di più; la donna diventerà più forte e meno civetta: e se anche a lei resterà un po’ meno di tempo per amare, gliene resterà anche di meno per... pentirsi a tornare da capo.

Via, gentilissima, non ci facciamo illusioni: siccome non siamo santi e siccome io spero che non lo diventiamo del tutto, una collaborazione spirituale come voi e molti eletti la sognano non si può ottenere per ora che mediante un tale esaltamento e a casi tanto isolati che avrà tutta l’aria di una mostruosità. Non bisogna forzarla, bisogna prepararla. La donna, ieri schiava, non può diventar regina oggi senza esser prima la compagna vera, intelligente, operosa; senza saper prima di che sono fatte certe lotte e certe vittorie. Quando l’uomo cesserà di dirle: — Taci, tu non te ne intendi, — solo allora ella potrà animarlo, ispirarlo, consolarlo, efficacemente, durevolmente. Noi conosciamo poco e male gli uomini, credete; e gli uomini conoscono malissimo noi. In ogni modo una dedizione cieca, assoluta, quasi suggestionata, sia anche della donna