in quel pubblico! — raccontando d’essersi sentito domandare, in presenza di mezza la Corte, come gli piacesse Madrid: di aver visto da un posto distinto le caccie del toro, e di essersi udito dire dal conte duca, a quattr’occhi, nel vano di una finestra, che il duomo di Milano era il tempio più grande che fosse nei dominii del re. L’omissione di un accenno a Lucia nel dialogo col provinciale non è avvedutezza, ma imbarazzo complimentoso, boria e un pizzico di quella diplomazia che l’autore gli dona, e che non si può a meno di concedergli in una posizione come la sua, che poco o tanto della diplomazia ne doveva insegnare.