Pagina:Jolanda - Dal mio verziere, Cappelli, 1910.djvu/78


— 76 —


stralmente; il cantore in un ultimo impeto patriottico impreca a chi dimenticasse quel martire, a chi negasse la patria:

e a chi la patria nega, nel cervello, nel sangue
sozza una forma brulichi
di suicidio.....


la tortura morale più orribile, la tortura dei vili....

Nella terza parte il Carducci, «lasciando dietro a sè mar si crudele,» torna alle serene bellezze del Cadore nel metro alcaico, in una pittura di paesaggio stupenda:

..... Lento nel pallido
candor de la giovine luna
stendesi il murmure de gli abeti
da te, carezza lunga sú ’l magico
sonno de l’acque. Di biondi parvoli
fioriscono a te le contrade,
e da le pendenti rupi il fieno

falcian cantando le fiere vergini
attorte in nere bende la fulvida
chioma; sfavillan di lampi
cèruli rapidi gli occhi: mentre

il carrettiere per le precipiti
vie tre cavalli regge ad un carico
di pino da lungi odorante
. . . . . . . . . . . . . . .

Ma poi sul finire gli sfugge di nuovo uno de’ suoi gridi titanici: un grido di Prometeo:

Io vo rapirti, Cadore, l’anima
di Pietro Calvi; per la penisola
io voglio su l’ali del canto
aralda mandarla.