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che nel sole di maggio sventola fieramente contro al nemico il segnale della guerra, la guerra dell’affrancamento, l’unica guerra santa.
Afferran l’armi e a festa i giovani tizïaneschi
scendon cantando Italia;
stanno le donne a’ neri veroni di legno, fioriti
di geranio e garofani.
. . . . . . . . . . . . . . . . . .
Udite: Un suon lontano discende, approssima, sale,
corre, cresce, propagasi;
un suon che piange e chiama, che grida, che prega, che infuria
insistente, terribile.
Che è? chiede il nemico venendone all’abboccamento,
e pur con gli occhi interroga.
Le campane del popol d’Italia sono: a la morte
vostra o a la nostra suonano.
Ahi, Pietro Calvi, al piano te poi fra sett’anni la morte
da le fosse di Mantova
rapirà. Tu venisti cercandola come la sposa
celatamente un esule.
Quale già d’Austria l’armi, tal d’Austria la forca or ti guarda
sereno ed impassibile,
grato a l’ostil giudicio che milite il manda a la sacra
legïon de gli spiriti.
Non mai più nobil alma, non mai sprigionando lanciasti
a l’avvenir d’Italia
Belfiore, oscura fossa d’austriache forche, fulgente
Belfiore, ara di martiri.
Dopo le rapide ed efficaci impressioni di quei giovani belli e arditi che corrono alla morte cantando il nome della loro terra, di quelle donne ai balconi, di quel rintocco insistente, crescente, diffuso delle campane, di quell’intrepido martire nella valle dal poetico nome — impressioni date magistralmente;