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quasi in ogni canto c’imbattiamo anche in versi di questo genere (parla all’Universo):

E come tu combaci ed utilizzi
A governar gli empiri
Senza sbilanci e senza incagliamenti,


o come questi, che fanno agghiacciare il sangue:

Chi sa da dove è emerso
Per capillarità di sensazioni
Questo respiro....


oppure:

Han le carezze dell’amor gli artigli
E la maternità dai marsupiali
Insegna al mondo a palpitar sui figli;


od anche, parlando all’uomo:

A tutte le convalli e tutti i mari
Rapisti i sali, i fosfori, e gl’incensi
E son tuoi tributarî
Tutti i vissuti a ingentilirti i sensi.

E intanto quei «tributari» richiamano alla mente le tasse e l’esattore con una lucidità spaventosa. L’uomo è proprio il più maltrattato dal signor Checcucci. Un po’ più giù lo consiglia a tracciar sulla creta:

L’itinerario delle tue sventure;


gli dice di costringere i cieli

A imbeverar d’elettrico le valli