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con ingegno in pochi tratti da maestro, bisogna avere anche la compiacenza di indicarne un po’ la topografia, di fare qualche onore di casa. Noblesse oblige, non c’è rimedio.
Neera potrebbe dirmi che non ha scritto per tutti, che le basta di essere intesa e apprezzata da coloro pei quali il titolo è un appoggio bastevole, ma non importa: doveva dire anche questo. Allora il volumetto elegante e severo sarebbe stato assunto in una sfera superiore, nella sua vera. Ad ogni modo, chi ha fine intelletto d’arte ha l’obbligo di ammirarlo e d’intenderlo come una musica classica religiosa, come una pagina di Bach o di Palestrina. Le ardue difficoltà dell’ambiente insolito, dell’esposizione di sentimenti primordiali, del rimanere nell’idealità senza smarrirsi nel misticismo, nella semplicità e nella purezza senza cadere nella rigidità, sono state affrontate e vinte dalla valente scrittrice con molta bravura. Ella deve aver letto a lungo i Vangeli, deve aver gustato la rozzezza sublime di quella letteratura primitiva che significava le cose più alte, più belle, più grandi che siano nella natura umana. Deve averne intesa la poesia silvestre, l’efficacia, la vera religiosità, poichè nelle umili e ispirate e ardenti aspirazioni dell’asceta passa un soffio biblico, veramente; e nella selvatica e mite adolescenza delle fanciulle ritroviamo il riflesso di qualcuna delle vergini dolci e ardenti che ridono come fiori fra le mèssi in quell’antica opulenza patriarcale. Qualchecosa di semplice, di solenne, di poetico è filtrato nello stile e nell’idea; qualchecosa di profondamente sincero: sia ispirazione, sia fede.
Ecco, per dare un saggio del bellissimo libro la