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dallo stesso ardore spirituale cantavano nell’Umbria ricordandosi del fraticello di Assisi. Queste laudi del Rapisardi sono una sapientissima imitazione di quelle. Par di sentirvi l’estro religioso di Iacopone da Todi. Eccovene un saggio:

LAUDA DI ANACORETA.

Patria, amici, parenti, famiglia abbandonai
E in questo solitario antro mi ricovrai:
Dio che alla terra oscura manda del sole i rai
Porse alfine un conforto a’ miei terrestri guai.

Il mondo è una gran selva d’alberi velenosi
Dove fra l’erbe e i fiori stan biscie o serpi ascosi,
Dragoni e basilischi dagli occhi sanguinosi
Insidian la salute dei giusti e dei pietosi.

Son l’erbe, a chi le calchi, più che rasoi taglienti,
Le fragranze de’ fiori producon febbri ardenti:
E di quei mostri occulti son così aguzzi i denti,
Che squarciano le viscere delle smarrite genti.

O dolce solitudine, tu di virtù sei scola,
Da te la pellegrina anima a Dio sen vola,
In te la mia tristezza s’aqueta e si consola,
Beata solitudine, beatitudin sola.
. . . . . . . . . . . . . . .

Cito qui per il contrasto un canto di Goliardi. La poesia goliardica nel suo rudimentale tentativo di rinascimento dell’arte, fu a quei tempi di penitenza come una spera di sole dardeggiante attraverso la mistica e fredda ombra di una cattedrale: