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IN CASA DEL CURATO.

(ricordi della campagna)

Questa mattina desinai dal prete
In una stanza disadorna e bianca,
Dove non c’è che un desco ed una panca
E un grande crocifisso alla parete.

Sulla tovaglia fresca di bucato
C’era un vinetto trasparente e puro,
E in faccia a me danzavano sul muro
L’ombre de le alborelle del sacrato.

Un grato odor d’incenso a quando a quando
Veniva dalla muta sacrestia,
Ed una vecchia serva umile e pia
Ci girellava intorno zoccolando,

E c’era un’aria, un’ombra, una freschezza
In quella stanza candida e modesta!
E tanta pace in quella faccia onesta
Di vecchio prete, e tanta gentilezza!

Ei mi parlava de la sua cappella
E dell’orto e dell’uve e del paese,
E ogni sua parola era cortese
E ingenuamente colorita e bella.

E muto tratto tratto e sorridente
Fissava in contro al sole il suo vinetto,
E mettendo la man larga sul petto
Ne delibava un sorso lentamente.

E in me figgendo le pupille vive
Come volesse indovinarmi il core:
— Ebbene, ebbene — mi dicea — signore.
Cosa scrive di bello? Cosa scrive? —

Quindi, bevendo un’altra sorsatina,
Soggiungeva: — Signor, non si sgomenti
Bisogna pur ch’io beva e mi sostenti!
Lo sa che a giorni tocco l’ottantina? —