Pagina:Jolanda - Dal mio verziere, Cappelli, 1910.djvu/217

A MIA MADRE.

Amo il nome gentile; amo l’onesta
Aura del volto che il mio cor rinfranca:
Amo la mano delicata e bianca
Che le lagrime mie terge ed arresta;

Amo le braccia a cui fido la testa
Da tristi fantasie turbata e stanca:
Amo la fronte pura, aperta e franca,
Dove tutto il pensier si manifesta;

Ma più de le sembianze oneste e care
Amo la voce che mi parla il vero
E mi conforta l’anima ad amare;

La voce che ogni dì sulla prim’ora
Mi grida in suono d’amoroso impero:
È l’alba, figlio mio! Sorgi e lavora!

Scelgo dal gruppo intitolato: «Miserie.» È un sonetto che vi rattristerà, ma certe tristezze sono come il segreto e freddo battesimo della rugiada che ravviva i germi delle pianticine. Esse s’incurvano per riceverla: chiniamo il capo anche noi; perchè ci tocchi bisogna esserne degni.

II.

Povere bimbe con le vesti a brani
Curve sull’ago in abituri infetti,
Madri che al seno con le scarne mani
Vi stringete i morenti pargoletti,

Tristi fanciulli per le vie costretti
Il tozzo immondo a disputar coi cani,
Vecchi che brancolate oggi, sorretti
Dalla speranza di morir domani,