I bei vegliardi dallo scettro d’oro
Che per la neve, sotto il ciel sereno,
Sostar sommessi alla mia porta udia,
La notte della santa Epifania,
O son morti di freddo, o son malati
Nei paesi del sole,
I bei vegliardi dallo scettro d’oro!
Quando la mia scarpetta sul verone
Tutta avvizzita facea la rugiada,
E tu, madre, domestica regina,
La colmavi di doni alla mattina,
Io ricciuto avea il crin, candida l’alma,
E ogni alba che venìa
Di giornate regali il don mi offrìa
Un giovin Sire senza scettro d’oro,
Ma cui nutrian d’aromi e terra e cielo,
E una corte di sogni e di speranze
Complimentava fra beate stanze,
Era in quei giorni io stesso:
Io che il perduto imper sospiro adesso!
I bei vegliardi dallo scettro d’oro
Che per la neve, sotto il ciel sereno,
Sostar sommessi alla mia porta udia,
La notte della santa Epifania,
O son morti di freddo, o son malati
Nei paesi del sole,
I bei vegliardi dallo scettro d’oro.
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Quella vena d’amara nostalgia dell’innocenza, della semplicità, che insiste, insiste opprimente quasi come un rimorso, non è già l’elevazione dell’anima, la purificazione, la redenzione?
Fino a qualche tempo addietro io non avevo molta simpatia pel Praga; mi urtava troppo quella negli-