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mettersi un dito alla bocca e dir come Panthea: List! spirits speak! — Zitto, parlano gli spiriti! — Noi, ascoltiamo:

SONETTO D’APRILE

Aprile, il giovinetto uccellatore,
a cui nitido il fiore
delle chiome pe’ belli omeri cade,
ne ’l cavo de la man, come un pastore,
in su le prime aurore
ha bevuto le gelide rugiade.

Aprile, il giovinetto trovadore,
su le canne sonore
dice l’augurio a le nascenti biade;
i solchi irrigui fuman ne ’l tepore,
un non so che tremore
le verdi cime de la messe invade.

Ecco la bella! Ecco Isotta la bionda!
China, de la sua porta a ’l limitare,
ella stringe il calzare
a’ piè che sanno i boschi. E il dì la inonda:
toccan la terra, a l’atto de ’l piegare,
i suoi capelli, in copia d’or profonda.
Oh, la faccia gioconda
che a pena da quel dolce oro traspare!

Ed ecco che io ripenso ancora una volta le rustiche e ridenti capanne delle fate dei boschi, di Violacciocche, di Smeraldina, le capanne di legno dalle finestrette inghirlandate di caprifoglio, dove i principi splendidi e mesti si riposano e si consolano di non aver raggiunto alla caccia le belle cerve bianche dalle corna d’oro. E proprio in qualche creazione D’Annunziana la natura che vi si riflette è quella ignota e romita delle fiabe e dei sogni.